“Se cambiamo il modo
di fare cinema, possiamo
cambiare il mondo!”
– di Manuela Pincitore

28 Luglio 2022

“Manuè, ma me spieghi perché in ogni serie TV, adesso, ce deve stà sempre almeno un personaggio gay??”

 

Me lo chiedeva, tempo fa, Fabio, un mio amico fotografo; uomo di belle letture, autore di delicati reportage intimi e sinceri, appassionato di fumetti, vicino alle comunità più vulnerabili di alcune periferie romane. Collezionista, anche, di libri fotografici su temi impegnativi come la solitudine, la malattia, le relazioni umane nelle loro mille declinazioni o, non ultimo, la transizione sessuale. É lui infatti che mi ha fatto conoscere il reportage di Marvel Harris (Marvel – Micamera Bookstore)  che raccontata la propria trasformazione da un genere a un altro, in un percorso psicologico tutto visibile in continui mutamenti fisici non poco invasivi. Bruco che diventa farfalla in nome del suo individuale e inappellabile diritto alla libertà.

 

Eppure, quella domanda me l’ha posta proprio una persona broadminded come Fabio. Proprio mentre ci confrontavamo su una serie TV che aveva appassionato le nostre rispettive figlie tredicenni.

 

Si trattava di The Heartstopper (2022, nella foto), tratta dalle omonime graphic novel scritte dalla stessa autrice della serie, Alice Oseman, che aveva pubblicato il primo volume solo grazie a una campagna di crowdfunding.

 

La serie TV (disponibile su Netflix) e, prima, i suoi romanzi grafici, raccontano il mondo adolescenziale di una certa parte dell’Inghilterra, attraverso la storia d’amore tra due ragazzi omosessuali, Charlie Spring e Nick Nelson.

 

“E’ la storia d’amore più bella che abbia visto finora”, mi ha detto mia figlia, commossa, sul finale dell’ultimo episodio. Lei ama i film romantici, ne ha visti abbastanza, tra vampiri e umani, supereroi e gente normale, tra adolescenti e tra adulti, tra le due ragazze di Riverdale o tra i ragazzi di non so quale altra saga su lupi mannari o cacciatori d’ombre!

 

Eppure la delicatezza e la verità con cui quell’Amore le è stato raccontato in The Heartstopper, l’ha spinta a inserire quella serie al primo posto della sua personale classifica, superando anche Love Alarm, racconto coreano emozionante e intrigante, interessante anche per chi vuole esplorare l’intrusione delle App nel mondo emozionale quotidiano degli adolescenti.

 

Perché, dunque, “ce deve stà sempre almeno un gay”?

 

Perché la strada è lunga. Ed è stata lunga, per arrivare qui, ai protagonisti di The Heartstopper.

 

Quando, anni fa, inserivamo un personaggio gay in una serie per la TV generalista, dovevamo anche raccontare la sua “scheda del personaggio”: bisognava giustificare quello “strano” orientamento sessuale tornando indietro verso una infanzia difficile, un padre dispotico, una madre apprensiva, un trauma infantile che poteva essere anche una violenza sessuale. E poi il personaggio si atteggiava in modo strano, si vestiva con stile eccentrico, aveva una casa di gusto perché tutti i gay avevano quella “certa spiccata sensibilità femminile”… e le lesbiche? Beh, mascoline, androgine, capelli corti e tatuaggi, un rapporto infernale con il proprio padre, evidentemente assente proprio nella fase più delicata della crescita della ragazza.

 

Ovviamente sto esemplificando ed esagerando (neanche troppo!) e so che nella vita vera ci sono anche quei tipi di “omosessualità” e quelle backstory personali che racchiudono una parte di verità ma che sicuramente non la esauriscono. Per fortuna, di strada ne è stata fatta tanta e ora il mondo omosessuale ha una rappresentazione più credibile, più sfaccettata e meno univocamente stereotipata.

 

Da uno studio effettuato da Nielsen* sulla comunità LGBTQIA+, sembra che si sia arrivati a un ottimo livello di inclusività, nei media statunitensi, nella rappresentazione di personaggi omosessuali, mentre si è ancora indietro nel racconto di altri orientamenti sessuali, quali la bisessualità.

 

Questa è la risposta alla domanda di Fabio: inserendo, piano piano, uno per volta, un personaggio gay, siamo arrivati a una rappresentazione di questa parte di esseri umani che non è soddisfacente solo numericamente (che è il dato meno importante), ma soprattutto qualitativamente, perché le persone omosessuali dipinte in film o serie TV non sono più macchiette eccentriche e sopra le righe (ci saranno anche quelle, certo!), o gente depressa e malata, ma persone il cui orientamento sessuale è solo una parte della loro caratterizzazione, perché i sentimenti, le paure, i batticuore che provano sono gli stessi di chi li prova – pensa un po’! – pur essendo eterosessuale (senza scheda del personaggio!).

 

É successo anche per la rappresentazione di altre minoranze. La serie TV Hollywood (2020, anche questa su Netflix) è un dipinto del mondo dell’industria cinematografica nel secondo dopoguerra. È un omaggio ma anche una provocazione. Si basa su un contesto reale ma cambia dei dettagli fondamentali per proiettarci in un mondo utopico più coraggioso: cosa sarebbe successo, alla fine degli Anni 40, se uno sceneggiatore di colore avesse avuto l’ardire di scrivere un film con una protagonista di colore, al posto della solita donna bianca, rassicurante, unico modello narrativo accettato? Cosa sarebbe accaduto se quell’attrice di colore non avesse dunque interpretato la solita cameriera al servizio di una famiglia bianca, ma avesse indossato le vesti di una protagonista forte e volitiva, capace persino di orientare il finale del film verso un liete fino non previsto nella versione “bianca”? Che sarebbe successo se, in un momento di difficoltà del marito a capo degli studios, una donna avesse fermamente tenuto le redini dell’azienda e preso decisioni in grado di cambiare le sorti del cinema e della Storia stessa? E se due uomini gay si fossero mostrati in pubblico mano nella mano, distruggendo l’immagine mascolina che gli era richiesta, ricevendo gli insulti e gli sputi degli astanti?

 

Guardate il trailer HOLLYWOOD | Official Trailer | Netflix (e poi la serie!) di cui vi sottolineo solo due frasi:

 

“If we change the way that movies are made, I think we can change the world!”.

“It aun’t about wheter you win or lose; what’s important is being in the room!”

 

Credo racchiudano il senso di ciò che ci siamo detti finora.

 

Vi lascio i link di ciò a cui ho fatto riferimento:

 

*La pagina di Freeda con le slide dello studio Nielsen:

Nielsen’s study outlines LGBTQIA+ people’s thoughts and attitudes on how they are portrayed in the media.

 

Heartstopper | Trailer ufficiale | Netflix Italia

Love Alarm | Official Trailer | Netflix

 

Per finire, vi consiglio due cortometraggi con due protagoniste che affrontano la loro identità sessuale:

Still Me su una teenager no-binary: Still Me | Short Film

Masked su una ragazza trans: Masked | Short Film

 

“Manuè, ma me spieghi perché in ogni serie TV, adesso, ce deve stà sempre almeno un personaggio gay/di colore/disabile/donna/trans/con neurodiversità/etc…??”

 

Perché se cambiamo il modo di vedere le cose, anche le cose che vediamo cambiano.

 

Sapete, ormai, dove trovarmi! LinkedIn 

#storiescanshapetheworld

 

 

Manuela Pincitore è Story Editor e Creative Producer per lo sviluppo di Film e Serie Tv. Come Story Finder cerca con curiosità storie che si facciano raccontare da nuove angolazioni e rappresentino la molteplicità del mondo. Rispetta i Personaggi e, soprattutto, i loro conflitti, i bivi, le scelte, i successi e le delusioni, le prove che sono tenuti ad affrontare e che condividono, con generosità e coinvolgimento emotivo, con lo spettatore che vorrà ascoltarli.

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