Le donne del futuro prossimo –
Nonny de la Peña

28 Luglio 2023

Buongiorno cari lettori e care lettrici, ben ritrovati!

 

Qui è la vostra Dalia, pronta a raccontarvi la storia di una nuova donna del futuro prossimo.

 

Spero che abbiate passato un buon mese e che vi siate lasciati trasportare nell’incredibile lavoro di Sougwen Chung.

 

Per chi leggesse questa rubrica per la prima volta, a questo link trovate tutte le informazioni sul lavoro di questa straordinaria artista!

 

Passiamo ora alla protagonista di questo mese conosciuta per essere la “Madrina della realtà virtuale” da Engadget e dal The Guardian.

 

Stiamo parlando di Nonny de la Peña, giornalista, documentarista e imprenditrice americana, nonché pioniera nell’ambito delle tecnologie immersive da anni.

 

Dal 2012 ad oggi, Nonny ha cambiato il volto del giornalismo, creando un nuovo linguaggio che unisce il reportage tradizionale con la tecnologia immersiva per eccellenza, la VR.

 

Inizialmente si è dovuta arrangiare. Nell’intervista per Writers Guild Italia racconta che fino al 2015 era lei a produrre i propri visori. “In quegli anni”, racconta, “mi sono chiusa nel garage di mia madre a fare visori con la stampante 3D, e con tutto l’equipaggiamento necessario: avevo un sistema di tracciamento dei movimenti da $100.000”

 

E conclude questo pensiero facendo riferimento a quanti ostacoli e diffidenze suscitasse questa sua intraprendenza: “All’inizio della mia carriera venivo vista come una criminale. “Giornalismo in realtà virtuale?” Mi dicevano che non potevo farlo, che non avrebbe mai funzionato. Ho perfino perso il mio lavoro di ricercatrice per colpa di questo”.

 

Oggi, de la Peña, in qualità di CEO di Emblematic Group, guida l’azienda nella creazione di tecnologie all’avanguardia che non solo raccontano storie, ma creano un coinvolgimento intenso ed empatico.

 

La sua ultima impresa, REACH.Love, è una piattaforma WebXR senza codice che intende consentire a chiunque di creare e distribuire storie e contenuti XR su tutte le piattaforme e i dispositivi.

 

Nonny de la Peña: The future of news? Virtual reality | TED Talk

 

Voglio condividere con voi questo Ted Talk, in cui la giornalista spiega con grande carisma la sua visione rispetto al futuro delle news.

 

“E se potessi presentarvi una storia che ricordereste con tutto il corpo e non solo con la mente?

 

Per tutta la mia vita di giornalista, sono stata spinta a cercare di creare storie che potessero fare la differenza e forse ispirare le persone a preoccuparsi. Ho lavorato nella carta stampata. Ho lavorato nei documentari. Ho lavorato nelle trasmissioni. Ma è stato solo quando ho iniziato a lavorare con la realtà virtuale che ho cominciato a vedere queste reazioni davvero intense e autentiche da parte delle persone che mi hanno davvero stupito.”

 

All’interno di questo talk veniamo trasportati alla scoperta del lavoro della giornalista. Descrivendo il suo primo film in VR, Hunger in Los Angeles, Nonny racconta della fatica nel realizzare questo pezzo, a partire dalla mancanza di finanziamenti, nonché dell’inadeguatezza del materiale a disposizione per la produzione, fino al timore della reazione che il pubblico avrebbe potuto avere una volta terminato.

 

Il pezzo parla della fame sofferta dalle famiglie americane a causa del sovraccarico delle banche alimentari1. Il tema è duro, la maggior parte del pubblico non sufficientemente consapevole delle circostanze e talvolta diffidente rispetto alla tecnologia immersiva.

 

Il lavoro da fare doveva quindi essere sufficientemente realistico da trasmettere all’utente la gravità della situazione, senza trasmettere l’idea di una narrazione fittizia.

 

Il suo lavoro è stato presentato al Sundance Film Festival nel 2012 fu un vero successo.

 

Hunger in Los Angeles: the reaction of a viewer.

 

Era incredibile vedere la reazione delle persone, racconta. Perché alcune persone si inginocchiavano a terra nel tentativo di confortare la vittima o di aiutarla in qualche modo, pur non potendo. Non è che non lo sapessero razionalmente, ma il tipo di fruizione li portava ad essere letteralmente immersi e quindi coinvolti in quella dimensione al punto di credere di poter in qualche modo apportare il proprio contributo.

 

“Dopo la realizzazione di questo pezzo, il preside della scuola di cinema della USC, la University of Southern California, ha portato il direttore del World Economic Forum a vedere Hunger, si è tolto gli occhiali e ha commissionato un pezzo sulla Siria.”

 

Da qui inizia il lavoro instancabile della giornalista intorno al mondo.

 

Voglio lasciarvi anche il riferimento di Project Syria. Si tratta di un pezzo sui bambini rifugiati siriani. La scena più toccante riguarda una ragazza. Sta cantando in strada. Attorno a lei tutto è tranquillo, giusto un po’ di confusione data dai passanti. Finché, d’un tratto, una bomba esplode.

 

“Quando ci si trova nel mezzo di quella scena e si sentono quei suoni e si vedono i feriti intorno a noi, si prova una sensazione incredibilmente spaventosa e reale. Persone che sono state coinvolte in veri attentati mi hanno detto che il film evoca lo stesso tipo di paura.”

 

Questo accade perché la VR permette di sentirci in due posti contemporaneamente e generare forti connessioni di empatia. Di conseguenza, ovviamente, è necessario avere estrema cura nella realizzazione. Devono essere seguite le canoniche pratiche giornalistiche e l’integrità della storia non deve mai essere persa di vista.

 

I principi di base del giornalismo non cambiano, ma ciò che cambia è la sensazione di trovarsi sulla scena, sia che si guardi un uomo che crolla per la fame, sia che ci si senta nel bel mezzo di una bomba.

 

“È questo che mi ha spinto ad andare avanti con questi pezzi e a pensare a come realizzarli. E queste cose hanno avuto un impatto. Alcuni americani mi hanno detto di aver donato, tramite detrazioni dirette dal loro conto corrente, dei soldi per i bambini siriani rifugiati. E Hunger in LA, beh, ha contribuito a dare il via a una nuova forma di giornalismo che credo si unirà a tutte le altre piattaforme normali in futuro.”

 

Nonny de la Peña, definita “una delle 13 persone che hanno reso il 2012 più creativo” da CoCreate di FastCompany, ha realizzato più di cinque esperienze in VR ed è stata recentemente nominata Innovatore tecnologico dell’anno dal WSJ.

 

I suoi indimenticabili progetti includono Gone Gitmo, finanziato da MacArthur, una prigione virtuale di Guantanamo Bay; Cap & Trade, un’esplorazione interattiva dei mercati del carbonio realizzata con Frontline World e CIR; Ipsress, che indaga sui detenuti tenuti in posizione di stress; e Three Generations, il vincitore di Games for Change sul movimento eugenetico della California.

 

Laureata all’Università di Harvard, è anche una pluripremiata documentarista con vent’anni di esperienza giornalistica, tra cui quella di corrispondente per la rivista Newsweek e di scrittrice, con lavori apparsi sul New York Times, sul Los Angeles Times Magazine, su Premiere Magazine e altri.  I suoi film sono stati proiettati dalla televisione nazionale e nelle sale di oltre cinquanta città in tutto il mondo, raccogliendo gli elogi di critici come A.O. Scott, che ha scritto che il suo lavoro è “un atto coraggioso e necessario di raccontare la verità”.

 

Nella speranza che il suo lavoro possa a tutti gli effetti contribuire al cambiamento, vi invito ad approfondire la conoscenza di questa grande esperta immersa internazionale, care lettrici e cari lettori.

 

Mi auguro che il racconto di questa incredibile donna vi abbia affascinato tanto quanto me.

Al prossimo incontro!

 

Vostra,

 

Sempre,

 

Dalia

 

1 Un banco alimentare (food bank in lingua inglese, “banca del cibo”) è una organizzazione benefica, tipicamente non a scopo di lucro, che distribuisce generi alimentari a persone bisognose e indigenti mediante il recupero, la raccolta e la redistribuzione delle eccedenze e dello scarto generati lungo tutta la filiera alimentare, contribuendo alla riduzione dello spreco. (da Wikipedia)

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