A tutto schermo –
Lidia Poët, avvocata

28 Maggio 2022

Sono iniziate in questi giorni le riprese di Lidia, una nuova miniserie di Netflix incentrata sulla vita di Lidia Poët, la prima donna avvocato in Italia. Una vicenda poco conosciuta, ma fondamentale per il percorso di emancipazione femminile nel nostro Paese, dove fino al 1919 alle donne era negato l’accesso alla professione.

 

Prodotta da Groenlandia e scritta da Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro, Paolo Piccirillo e diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire, la serie vede per protagonista Matilda De Angelis (Lidia Poët), affiancata da Eduardo Scarpetta (Jacopo Barberis), Pier Luigi Pasino (Enrico Poet), Sinead Thornhill (Marianna Poet)e Sara Lazzaro (Teresa Barberis).

 

Classe 1855, Lidia Poët nasce da genitori benestanti vicino Torino. Di religione valdese, si trasferisce adolescente a Pinerolo presso uno dei fratelli maggiori, Enrico, di professione avvocato. Qui consegue il diploma di maestra e, dopo un periodo ad Aubonne, sul lago Lemano, per imparare il tedesco e l’inglese, nel 1878 torna a Pinerolo per iscriversi alla facoltà di Legge dell’Università di Torino.

 

Se all’epoca erano pochissime le donne che si iscrivevano all’università, ancora nessuna aveva osato ambire alla professione di avvocato per la quale invece fa domanda Lidia dopo avere conseguito la laurea in giurisprudenza nel 1881 con una tesi sulla condizione femminile nella società e sul diritto di voto per le donne e avere svolto due anni di regolare praticantato legale presso l’ufficio dell’avvocato e senatore Cesare Bertea.

 

Superati gli esami per diventare procuratrice legale, fa domanda per entrare nell’Ordine degli Avvocati di Torino. La richiesta suscita polemiche e qualche perplessità, ma non esistendo un esplicito divieto all’accesso delle donne alla professione, viene accolta a maggioranza. La notizia fa scalpore e in poche settimane diventa un caso nazionale, che divide l’opinione pubblica.

 

La maggior parte dei giornali si schiera a favore di Poët in nome dell’emancipazione femminile, ma il procuratore generale del Regno si oppone e impugna la decisione davanti alla Corte d’appello di Torino.

 

Nonostante le repliche e gli esempi di avvocate in altre nazioni, come Clara Shortridge Foltz negli Stati Uniti, il procuratore generale ribadisce con convinzione il divieto per le donne di entrare nell’ordine e così l’11 novembre 1883 il tribunale ordina la cancellazione dall’albo della giovane legale.

 

Alla gravità dell’episodio si aggiunge l’assurdità delle motivazioni addotte, come ad esempio il fatto che le donne, a causa del ciclo mestruale, non avrebbero avuto, almeno per circa una settimana al mese, la giusta serenità per affrontare il carico lavorativo ed emotivo della professione. E ancora che la naturale riservatezza del sesso, la sua indole, la fisica cagionevolezza e in generale la mancanza di adeguate forze intellettuali e morali, quali la fermezza, la severità e la costanza, avrebbero impedito alle donne di occuparsi di affari pubblici.

 

Per queste e molte altre pretestuose ragioni Lidia Poët si trova costretta, suo malgrado, ad accettare una sentenza ingiusta, a cui fa ricorso senza successo in Cassazione, che conferma la decisione precedente sentenziando che “La donna non può esercitare l’avvocatura” per il fatto che “nella razza umana, esistono diversità e disuguaglianze naturali […] E dunque non si può chiedere al legislatore di rimuovere anche le differenze naturali insite nel genere umano”.

 

Poët però non si arrende e, pur senza poter esercitare a pieno titolo la professione, collabora con il fratello Enrico, specializzandosi nella difesa dei diritti dei minori, degli emarginati e delle donne.

 

Fervida sostenitrice del suffragio femminile, viene invitata a partecipare a diverse conferenze come il primo Congresso Penitenziario Internazionale nel 1883 a Roma e, sette anni più tardi, a San Pietroburgo. Dopo alcuni anni arrivano anche i primi riconoscimenti, come quando il Governo francese, invitandola a Parigi, la nomina Officier d’Académie. Allo scoppio della prima guerra mondiale presta la sua opera come infermiera della Croce Rossa, ricevendo per il suo impegno una medaglia d’argento.

 

La maggiore soddisfazione arriva al termine del primo conflitto mondiale, quando la Legge n. 1179 del 17 luglio 1919, nota come legge Sacchi, abolisce l’autorizzazione maritale e autorizza le donne a entrare nei pubblici uffici, tranne che nella magistratura, nella politica e in tutti i ruoli militari, aprendo finalmente alle donne le porte del foro.

 

È una grande vittoria per tutte le donne d’Italia e in primis per Lidia che, nubile e senza figli, all’età di 65 anni può finalmente entrare nell’Ordine degli avvocati, dopo aver praticato per decenni la professione forense.

 

Nel 1922 Poët diviene presidente del Comitato pro voto donne. Un’altra grande battaglia di cui vedrà compimento nel 1945 con l’introduzione del suffragio femminile, quattro anni prima di spegnersi a Diano Marina, all’età di 94 anni.

 

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