Il regime delle donne –
di Maria Cafagna

28 Marzo 2023

Il giorno in cui Marella Bombini mi ha chiesto di partecipare al progetto Il regime delle donne era estate e faceva molto caldo; ma non un caldo qualsiasi bensì quel caldo opprimente tipico del nostro tempo frutto della combinazione letale di asfalto e catastrofe climatica, quello per cui a Roma, e in qualsiasi altra città, sopravvive solo chi a un certo punto molla tutto e se ne va al mare.

 

E così ho fatto anche io quel fine settimana affittando una stanza in una casa di campagna a quindici minuti in macchina da Capalbio Lido (ci tengo a precisare la destinazione perché siamo tra donne audiovisive e “fuga dal Pigneto destinazione Capalbio” può aiutare a cementare questo nostro neonato rapporto).

 

Quell’irrespirabile fine settimana ho portato con me il libro per prepararmi sull’argomento del documentario, un saggio dal titolo Donne d’avanguardia scritto da Claudia Salaris (edizione Il Mulino) che racconta la vita e le opere di molte delle donne che hanno contribuito a scrivere la storia dell’arte italiana tra il primo Novecento e il secondo dopoguerra. Storie straordinarie, bellissime, appassionanti, tanto che ricordo di aver letto il libro tutto d’un fiato per la “gioia” del mio compagno che – a causa della mia immersione matta e disperatissima nella lettura – quel fine settimana si andò a scontrare col mio caparbio mutismo di lettrice.

 

Emergevo ogni tanto per andarmi a fare il bagno (l’arsura non risparmia nemmeno Capalbio Lido) e per raccontargli le entusiasmanti gesta di Valentine de Saint-Point, Eva Kühn, Benedetta e Tina Midotti.

 

Tornai di lì a poco nello studio di Creative Nomads con la testa piena di idee e il libro pieno di sabbia. Il libro, ormai tutto ciancicato, mi è stato poi gentilmente regalato e ringrazio ancora Marella e Andrea Giulia Santini, coautrice del documentario, per non avermi mandata a quel paese.

 

Leggendo Donne d’avanguardia mi sono chiesta più volte perché queste artiste temerarie, passionali e libere non siano state raccontate come si deve dato che dalle loro vite e dalle loro imprese strabilianti si potrebbero trarre film e serie di grande successo. La prima risposta che mi sono data è: perché sono state fasciste. Molte di loro, infatti, sono a tutti gli effetti donne di regime a cui spesso hanno aderito con grandissima convinzione. Eppure, nei nostri programmi scolastici troviamo persone come D’Annunzio e Filippo Tommaso Marinetti (che di Benedetta fu mentore e marito), per non parlare di Benito Mussolini, uomini che vengono studiati e contestualizzati anche perché i loro errori – e i loro orrori – ci servano da monito.

 

Non sempre avviene, lo sappiamo, ma questo è un argomento che meriterebbe tutt’altra sede quindi torniamo dunque allo specifico filmico.

 

Il regime delle donne racconta come il fascismo abbia sottomesso le donne con la complicità di una buona parte della società civile, dei media e della Chiesa Cattolica; racconta anche del modo in cui la propaganda di Stato abbia spinto molte donne a credere che il loro posto fosse a casa, davanti al focolare, a prendersi cura dei figli e tuttalpiù ad aiutare il proprio marito nei campi. Racconta di come, proprio l’alleanza tra Stato e Chiesa abbia rallentato il processo di autodeterminazione delle donne italiane e della comunità LGBTQI+.

 

Ma racconta anche che in quel periodo furono in tante ad andare caparbiamente contro il destino che la società voleva per loro: alcune lo hanno fatto infilandosi tra le pieghe di quelle regole, ad esempio coltivando una femminilità sensuale e seducente; altre lo hanno fatto clandestinamente andando contro le regole, altre invece hanno ubbidito alle regole a modo loro. Queste ultime sono tra le donne d’avanguardia: artiste, scrittrici, poete, anticonformiste al conformismo di Stato.

 

Esistono donne che si ribellano alle regole e donne che praticano la ribellione all’interno delle regole e tutto questo è avvenuto anche durante il regime fascista. L’idea che ci siamo fatte per cui la donna durante il fascismo fosse solo una casalinga sottomessa è dunque parziale; questa convinzione, come tante altre è un’eredità del nostro sistema scolastico che, per come è stato concepito, non ci permette di cogliere la realtà storica nella sua complessità.

 

Ed è qui che entriamo in gioco noi, persone che hanno scelto di dedicare la propria vita a raccontare storie. In qualità di narratrici – ognuna con la sua mansione – e in quanto donne, questo ruolo ha una doppia valenza: in una società come la nostra che racconta nei programmi scolastici, in TV, sui giornali, al cinema, nei libri, nelle vie e nelle piazze storie al maschile, il nostro compito è ancora più importante perché acquisisce anche una funzione sociale e per certi versi, storica.

 

Raccontare storie di donne – anche quelle che non ci piacciono, anche quelle distanti da noi, anche le biografie di quelle che ci turbano, ci indignano, ci interrogano – serve a trasmettere a questa e alle future generazioni tutta la straordinaria complessità del cammino ancora in corso verso la piena autodeterminazione delle donne e delle comunità marginalizzate.

 

Per questo il lavoro di Marella Bombini e di Vichie Chinaglia, la loro curiosità e il loro entusiasmo nell’andare ad esplorare luoghi e storie lontani, va nella direzione che molte di noi hanno intrapreso infilandosi tra le pieghe dell’industria dell’audiovisivo che ancora oggi, in Italia, è a trazione maschile.

 

Noi che ci stiamo provando, voi che ci state riuscendo, dovremmo dircelo ogni tanto che siamo brave, coraggiose, visionarie, dato che abbiamo intuito la possibilità di un tipo di racconto più inclusivo e quindi più ricco e più interessante per chi ci guarda.

 

Siamo anche noi donne d’avanguardia come quelle che ci hanno preceduto: artiste che ormai cento anni fa, seppure attraverso delle lenti distorte, avevano intravisto il futuro.

 

 

Maria Cafagna è un’autrice e consulente politica. Dopo la laurea in DAMS, ha iniziato a lavorare in diverse produzioni televisive tra cui ‘Fuoriroma’ con Concita De Gregorio e ‘Che ci faccio qui’ con Domenico Iannacone. Collabora con Fanpage e Wired Italia, per cui cura la newsletter femminista Roba da Femmine.

 

 

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