Molestie:
le agenzie di pubblicità

30 Giugno 2023

A giugno 2023 esplode in Italia il ‘MeToo delle agenzie pubblicitarie’.

 

Come sempre, ad esplodere è il silenzio o almeno una breccia nel muro dell’omertà che attraversa settori e professioni. Le prime schegge partono come se provenissero da un’altra dimensione, poi si scopre che quella dimensione era giusto dietro la porta o dentro un telefonino.

 

Come se non si fosse consapevoli del potere della parola e del significato del gesto, neanche quando non si conoscano le dimensioni del ‘fenomeno molestie’, che come ricorda l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) riguarda più di una persona su cinque, neanche quando le rappresentazioni sono il proprio mestiere.

 

Nell’articolo di Viola Stefanello del 22 giugno Le storie di molestie nelle agenzie di comunicazione italiane, il Post ricostruisce la storia della chat sessista, discriminatoria e tossica (la “chat degli 80”) chiusa nel 2017 che vedeva coinvolti professionisti dell’agenzia We Are Social. Storia riemersa a seguito delle dichiarazioni del 9 giugno del pubblicitario Massimo Guastini intervistato dalla misteriosa Monica Rossi sulla sua pagina Facebook.

 

Citiamo le parole di Mario Leopoldo Scrima riportate nell’articolo del Post per una descrizione del contesto lavorativo nel quale una chat come quella poteva (e può tuttora) prosperare:

 

“È proprio dietro all’idea che sia un lavoro molto bello in cui si sta insieme tra giovani, senza gerarchie, senza orari, tra amici, a lavorare a campagne per aziende bellissime che si instaura la tossicità: è un clima che può portare a soprusi, abusi, sfruttamenti. Il lavoro non è venduto come tale, ma come un’opportunità, un piacere, un privilegio. Quindi devi stare zitto e continuare a essere sfruttato senza lamentarti delle situazioni in cui ti trovi, perché di giovani brillanti appena usciti dall’università che vogliono il tuo posto ce ne sono un’infinità. Su questo si innestano le peggiori cose di cui stiamo parlando in questi giorni”.

 

Le dichiarazioni di Guastini  stimolano intanto Tania Loschi, copywriter freelance, a raccontare le proprie esperienze sul suo profilo Instagram e a chiedere di condividere le proprie a chi volesse, raccogliendo così in pochi giorni più di quattrocento testimonianze. Qui il form messo a punto per le denunce.

 

Le associazioni di settore reagiscono, come se non avessero mai avuto contezza di quanto riportato dal podcast Freegida tre anni fa, condannano (UNA, Aziende della comunicazione unite) e annunciano un tavolo tecnico per la creazione di linee guida inequivocabili  (ADCI, Art Directors Club Italiano); “la messa a terra di un piano concreto volto ad accrescere consapevolezza, nel nostro ambito professionale e nel Paese, della necessità di un cambiamento culturale forte e radicato e a favorire la prevenzione e la massima tutela nei casi di abuso” (FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiane)

 

FERPI immagina azioni che potremmo dire in buona parte ‘classiche’ se fossero state applicate come si sarebbe già dovuto:

 

-l’espulsione dall’associazione;

-l’istituzione di un team di delegati per valutare eventuali iniziative a tutela delle nostre associate e dell’associazione stessa;

-il supporto concreto alle professioniste che siano vittime di abusi o testimoni di essi;

-la creazione di criteri e linee guida per il whisteblowing (denuncia di irregolarità);

-la promozione di certificazioni, bollini, etc, cper incentivare le buone pratiche e emarginare quelle inique;

-percorsi di orientamento specifici contro la violenza di genere e le molestie sul luogo di lavoro.

 

Intanto We Are Social, autosospesasi da UNA a seguito delle testimonianze emerse, decide di avviare un’indagine affidata a una realtà terza.

 

Long story short – quando le vittime parlano, le bolle di silenzio esplodono, i media se ne appropriano, spesso con linguaggio non centrato, alcune teste cadono, molte parole e paroloni sono impiegati, la rigenerazione (forse) inizia.

 

Il cambiamento si farà? In qualsiasi contesto, perché il cambio di cultura possa avere luogo deve essere ‘sentito’ e voluto da tutte/i indipendentemente dal ruolo.

 

Certo, attuare programmi formativi, educare, comunicare, vigilare, estirpare poi aiuta ancor di più.

 

E non far mai calare il complice silenzio.

 

 

Piccola sitografia

Rassegnata stampa – by Flavia Brevi

Il Me Too nelle agenzie pubblicitarie parte dai social. Ed è un bene che grazie alle denunce gli episodi di molestie vengano resi pubblici e si invochi di estirpare la piaga. UNA convoca un Consiglio Straordinario. Anche ADCI, anticipando un’Assemblea generale soci dedicata al tema. Ma non facciamo di tutta l’erba un fascio

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Me Too nelle agenzie, We Are Social “condanna qualsiasi forma di discriminazione e atteggiamenti inappropriati” e si autosospende da UNA. Arduini: “Fino a chiarimento dei fatti, passo necessario a tutela e garanzia del comparto”

Me Too nelle agenzie, l’ADCI “condanna con fermezza ogni forma di sessismo e comportamenti lesivi della dignità delle donne” e prepara un tavolo tecnico per la creazione di linee guida chiare e inequivocabili sul profilo deontologico. Alessandro Sciarpelletti, Ecd We Are Social, si autosospende

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Adci e UNA strumenti per sessismo. Attenzione condizioni di lavoro

Molestie nelle agenzie pubblicitarie, voci su nuove “chat” e nomi di spicco. Gli sviluppi

 

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