Diciamolo bene…
vittimizzazione secondaria

30 Giugno 2023

Le radici della vittimizzazione secondaria sono chiaramente culturali, radici profonde che danno frutti velenosi, a partire dai bias che possono velare lo sguardo di chi è chiamato/a a intervenire,  riportare i fatti, giudicare. Come possiamo ancora troppo spesso notare nei casi che raggiungono la cronaca.

 

“Vittimizzazione secondaria significa vittimizzazione che non si verifica come diretta conseguenza dell’atto criminale, ma attraverso la risposta di istituzioni e individui alla vittima”. (Raccomandazione n. 8 del 2006 del Consiglio d’Europa).

 

Si tratta di quel processo che porta la vittima a “rivivere i sentimenti di paura di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto”. (Corte Cost., sent. 21/02-27/04/2018, n. 92).

 

 

Come spiega la Relazione sulla vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale presentata in Senato il 13 maggio 2022 dalla Commissione Femminicidio e disponibile qui:

 

“La vittimizzazione secondaria colpisce le donne che hanno subito violenza soprattutto in ambito familiare e nelle relazioni affettive. La vittimizzazione secondaria, diversamente dalla vittimizzazione ripetuta da attribuire allo stesso autore, è quindi effettuata dalle istituzioni con cui la vittima viene in contatto, qualora operino senza seguire le direttive internazionali e nazionali, e non garantiscano comportamenti rispettosi e tutelanti, tali da non ledere la dignità personale, la salute psicofisica e la sicurezza della vittima, sia essa la donna sia esso il minore vittima di violenza assistita”.

 

Ulteriore piccolo reminder dalla relazione per questi tempi non innocenti:

 

“La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 27 giugno 2013, n. 77, nota come Convenzione di Istanbul, ha dettato specifiche disposizione per il contrasto ad ogni forma di violenza domestica, imponendo agli Stati che abbiano ratificato e dato esecuzione alla Convenzione, di dotarsi di una legislazione efficace, e di verificarne in modo costante l’effettiva attuazione da parte di tutti gli operatori, in particolare da quelli appartenenti al sistema giudiziario”.

 

 

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