Cambiamo copione!
nel racconto di Astrid de Berardinis

8 Dicembre 2024

Cambiamo copione! Le industrie culturali contro la violenza di genere (Roma, 23.11.2024) nel racconto di chi dietro e davanti le quinte lo ha reso possibile.

 

Astrid de Berardinis, Media Executive, Arte Terapeuta, Vice Presidente WIFTMI, ha creato e guidato il percorso di arte terapia …And Action! e ci racconta qui come è andata.

 

 

…And Action! Note sul laboratorio di Arteterapia

 

di Astrid de Berardinis

 

…and Action! è il percorso arte terapeutico che ha dato avvio alla seconda edizione di Cambiamo Copione! nella giornata del 23 novembre 2024 e che è nato ragionando su due delle parole chiave di questa edizione: Azioni e Alleanze.

 

Mi interessava stimolare le persone partecipanti ad osservare due opere della collezione permanente di Palazzo Merulana (L’uomo che dirige le stelle di Jan Fabre e La gita in barca di Antonio Donghi) per cogliere, nelle tensioni del viso e del corpo dei personaggi rappresentati, le azioni e intenzioni sul punto di esprimersi, immedesimarsi nei personaggi stessi, assumerne la postura e sentire quindi nel proprio corpo quale processo fosse stato “fotografato dall’opera” e lasciato in sospeso.

 

Il passaggio successivo sarebbe stato di dare a questo processo, se possibile, una soluzione, completando l’azione e chiudendo così il gesto.

Come su un set cinematografico ho chiesto di prendere posizione nel ruolo del personaggio e di prepararsi all’azione tenendo per qualche secondo questa posizione con tutte le tensioni associate, fino al segnale “…and Action!” con il quale l’azione poteva finalmente svolgersi e la tensione concludersi.

 

Le due opere prescelte mi hanno consentito di lavorare dapprima su ciascuna persona individualmente (con l’Uomo che dirige le stelle), per poi estendere il lavoro ad una situazione di gruppo (con La gita in barca), aggiungendo così l’ulteriore riflessione rispetto al significato dell’azione di ciascun personaggio nella relazione con gli altri e nel contesto in cui i personaggi erano immersi.

 

Questo passaggio mi serviva per portare la riflessione dagli obiettivi individuali a quelli delle coppie e del gruppo e alle eventuali alleanze, più o meno dichiarate, possibili, impossibili, sottese.

 

L’adesione e la partecipazione a questo laboratorio è stata numerosa e calorosa. Il gruppo che ha partecipato è stato composto da persone incuriosite dall’arte terapia e desiderose di mettersi in gioco, presupposte indispensabile per provare questa esperienza.

 

È stato molto gratificante trovare apertura e fiducia in persone che non avevano mai provato questo tipo di lavoro e soprattutto che mi avevano in precedenza conosciuta in altri ruoli professionali.

 

 

Già nel lavoro individuale, sono emerse differenze di lettura dell’opera. Alcune persone coglievano nel gesto dell’Uomo che dirige le stelle una spinta verso l’alto (focalizzandosi sullo sguardo e sulla posizione della testa) altre invece si sono soffermat sul moto orizzontale delle braccia, altre ancora hanno notato la mano sinistra che raccoglie, e ancora altre l’ancoraggio a terra dei piedi.

 

I gesti proposti immedesimandosi in questa opera sono stati simili, ma mai identici e il gruppo si è sorpreso osservando le interpretazioni ed i gesti delle altre persone.

 

 

Ancor di più nel lavoro con La gita in barca, sono emerse interpretazioni molto diverse delle alleanze e delle dinamiche in atto tra i tre personaggi del dipinto e tra questi e il quarto personaggio, l’osservatore a cui vengono rivolti gli sguardi delle due donne.

 

Il confronto con il gruppo, ha consentito di capire quanto parziale fosse stata la lettura iniziale e soggettiva e quindi di rileggere nuovamente l’opera scoprendo in essa nuove possibilità e potenzialità di alleanze ed azioni.

 

Il mio obiettivo, perseguito nel tempo brevissimo di un’ora, era di stimolare una riflessione sulle azioni, le relazioni, le alleanze, i segnali, l’ascolto, le possibili inibizioni o propensioni soggettive e di farlo partendo da una esperienza diretta, dialogica e giocosa e spero che il gruppo abbia portato con sé, nel resto della giornata ma anche oltre questa esperienza e riflessione.

 


 

Vorrei aggiungere in chiusura una breve nota di tipo metodologico che aiuti chi lo desideri, a comprendere la cornice concettuale arte terapeutica che ha ispirato e sostenuto questo laboratorio.

 

Il lavoro da me proposto è nato in applicazione del modello psicofisiologico integrato del Professor Vezio Ruggeri, modello con cui mi sono confrontata e formata con un master triennale e che continua a offrire stimolo, sostegno e ispirazione per la ricerca intorno all’esperienza umana.

 

Tra i fondamenti del modello c’è l’assunto che l’esperienza estetica avvenga tramite decodificazione imitativa. Questa “decodificazione” è innata e in prima istanza inconscia e si realizza attraverso l’organizzazione delle tensioni del nostro corpo, che vanno a riprodurre quelle percepite di fronte ad uno stimolo.

 

Se poniamo attenzione a questa (ri)organizzazione (e idealmente anche alla sensazione che ne consegue) possiamo comprendere cosa l’opera agisca in noi: se ci muova, ci commuova, ci irriti, ci inquietai ci distenda, ci lasci in dubbio, se non ci “tocchi” e così via.

 

La decodificazione imitativa non è solo il principio che consente la percezione estetica, ma è anche e soprattutto il fondamento dell’empatia.

 

È lo strumento che permette la comunicazione e lo scambio con l’altro.

 

Coltivare l’esperienza estetica consente di comprendere meglio gli altri e se stessi e di poter attingere a un grado più ampio di scelte e di libertà.

 

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