Il dovere di non condividere tutto
– di Nicoletta Bea
23 Dicembre 2021
Non sempre si può appiattire un pensiero, un’esperienza o un’immagine per renderla divulgabile e accessibile, per farla uscire dalle nostre teste. Ma la necessità di arrivare all’altro in modo chiaro ed efficace può contaminare la purezza di un momento.
In fondo, senza la condivisione, senza il riconoscimento degli altri, qualcosa di bello è più difficile da godere. Assistere a una meraviglia della natura e reggere il peso di tale visione da soli può essere insostenibile, soprattutto con il telefono a portata di mano. Stringere la mano al niente è molto più difficile.
A me è capitato in una notte d’autunno in Lapponia, dove ho assistito alla mia prima aurora boreale.
Avevo deciso di partire per un luogo dove avrei potuto vedere e calpestare il mio paesaggio interiore. Lassù, a 3500 kilometri da casa, ho trovato nuovi accostamenti di colori, tagli di luce diversi che hanno inquadrato la terra sotto ai miei piedi e l’aria tutto intorno.
Ho trovato quello di cui avevo bisogno.
Questo è il resoconto visivo di quello che ho esperito durante un viaggio che mi sono regalata alla fine di un lungo periodo di stress, di troppo lavoro, di cambiamenti e d’isolamento. Sono una serie di appunti cromatici che ho preso per ricordare che si può e si deve sempre partire e che per cambiare è lo sguardo che deve spaziare.
C’è però anche una parte che si può condividere e che può ispirare a catena persone diverse. Spartire questo bagaglio inaspettato che non appesantisce, ma che fornisce strumenti per continuare ad avanzare diventa un’attività sana che a turno tutti dovrebbero fare per continuare a supportarci e a stimolarci come gruppo di umani che coesistono insieme nello spazio che abitiamo.
In un paesino sámi ho incrociato due concetti della cultura autoctona che mi hanno particolarmente colpito e si sono fissati nella mia memoria:
Bierggit, ovvero la capacità di usare ciò che si ha in modo funzionale e organico. Un invito a non perdersi in cose inutili e ad avere un approccio pragmatico, essenziale, vitale per vivere qualunque circostanza.
Duodji, ovvero un concetto allargato di artigianato, dove l’elemento pratico, il fare, incontra un’esigenza di variazione estetica altrettanto importante e vitale. Attraverso questa variazione si esprime la necessità di non appiattirsi sull’illusione del “normale”, di promuovere la diversità come qualità intrinseca dell’identità.
“Guhkimus vájaldeapmi lea vájaldeapmi sillui”.
Indizio: Dag Hammarskjöld.
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