Future Thinking –
Uncanny valley o promised land?
di Gloria Puppi
28 Luglio 2023
Oggi più che mai stiamo assistendo all’incessante ascesa dell’intelligenza artificiale, anche nel mondo dell’intrattenimento, ma più che una nuova terra promessa dalle mille potenzialità, sembra che stiamo brancolando in una valle perturbante.
La definizione “uncanny valley” (“bukimi no tani genshō“) infatti è nata nel 1970 dal professore di robotica Masahiro Mori e sta a significare l’iniziale sensazione di familiarità e di piacevolezza generata dalla visione di robot e automi antropomorfi che però, a causa della non ancora totale realisticità, desta poco dopo repulsione e inquietudine paragonabili al perturbamento (concetto a lungo discusso da Freud). Il termine successivamente è stato poi tradotto come uncanny valley da Jasia Reichardt in Robots: Fact, Fiction, and Prediction.
Nel mondo cinematografico è noto il caso di Polar Express, il film di animazione del 2004 di Robert Zemeckis, che ha destato molte recensioni negative, definito “inquietante e orribile” a causa della morfologia del viso dei protagonisti.
Negli ultimi anni la Disney ha addestrato con migliaia di volti sintetici una rete neuronale chiamata FRAN (acronimo di Face re-aging network), in grado oggi di invecchiare o ringiovanire un attore/attrice in soli 5 secondi. A differenza di altre reti neuronali, FRAN predice i diversi punti del viso che potrebbero essere modificati dall’avanzare dell’età, come le rughe attorno agli occhi, alla bocca o al collo, cercando di eliminare quella sensazione di perturbante o di sguardo vacuo e irrealistico.
Un caso attualissimo è quello dell’ultimo film che vede protagonista Harrison Ford nei panni di Indiana Jones. Nella prima parte della pellicola Indy è tornato ai suoi anni d’oro, giovane e scattante, con un viso liscio privo dei segni del tempo, ma nella realtà è il vecchio Harrison Ford a girare (quasi) tutte le scene d’azione. Qui l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante rispetto ai primi tentativi come Final Fantasy, Polar Express o Beowulf, ma secondo la mia personale percezione si è ancora ai margini dell’uncanny valley.
Infatti durante la visione si intuiva che c’era qualcosa di innaturale nei movimenti, nelle espressioni, nello sguardo e sul grande schermo alcuni movimenti risultavano davvero perturbanti.
L’intelligenza artificiale però non è molto amica degli attori, soprattutto quelli meno noti, e delle figurazioni speciali: prosegue infatti il più grande sciopero degli ultimi 63 anni di Hollywood che vede attori, doppiatori e sceneggiatori incrociare le braccia, anche per combattere l’anarchia dell’AI.
Secondo Duncan Crabtree-Ireland, segretario del sindacato Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA), le case di produzione hanno proposto che gli attori si facciano scansionare, ricevano un giorno di paga, e “da lì la compagnia possa fare quello che vuole dell’immagine, per il resto dell’eternità in qualsiasi progetto vogliano, senza consenso o remunerazione ulteriore”.
Problema identico anche per i doppiatori, che rischiano di scomparire inghiottiti da algoritmi che imitano alla perfezione le loro voci, come è successo ai doppiatori Christian Iansante e David Chevalier in Rick & Morty che hanno scoperto di aver doppiato a loro insaputa alcuni pezzi della serie tv, “grazie” all’intelligenza artificiale che ha copiato la voce dei due professionisti.
Tutto questo assomiglia molto all’episodio Joan is Awful dell’ultima stagione di Black Mirror, che come sempre anticipa temi di forte interesse come quello del diritto di sfruttamento della propria immagine e voce ai tempi dell’uso selvaggio dell’intelligenza artificiale.
Gloria Puppi è story editor, sceneggiatrice e fondatrice di Read My Script, consulente di anticipazione strategica e co-direttrice dello Speculative Design Hub per l’Italian Institute for the Future.
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