Protagoniste –
Valentina Bertuzzi
28 Febbraio 2023
Questo mese incontriamo la regista e sceneggiatrice Valentina Bertuzzi, che ci racconta qui del suo ultimo lavoro, la serie La storia di Tamina, e dei temi che attraversano le sue opere, webserie, corti e speriamo presto lungometraggi.
Ciao Valentina, ben ritrovata!
Insieme a WIFTMI quest’anno torni a partecipare al Filming Italy Los Angeles Festival con una tua regia. La prima volta era stata nel 2020 con il corto Delitto Naturale, nel 2023 èLa Storia di Tamina, ovvero la seconda stagione della serie Crush. A unire i due tempi e le due storie, sono l’ambiente scolastico dove si svolgono e le protagoniste alle prese con degli importanti momenti di crescita. C’è un fil rouge voluto fra questi progetti e quali sono i temi che ti ispirano nel tuo lavoro?
Ciao WIFTMI e grazie per questo spazio e per la possibilità di condividere alcune riflessioni che ci legano anche come associazione.
Ho partecipato tre anni fa, proprio grazie a WIFTMI, a Filming Italy Los Angeles con un cortometraggio, Delitto naturale, e oggi ci torniamo tutte insieme con una serie TV per la Rai, Crush. Un traguardo importante, del quale vorrei sottolineare in quest’occasione quanto, per il suo raggiungimento, sia stato focale il fattore della visibilità. Se nessuno vede il tuo lavoro, è improbabile che possano sceglierti! Riconosco quindi il ruolo dei Festival e dei Premi che mi hanno selezionata, molti dei quali curati da direttrici donne come i Nastri d’Argento, Alice Nella Città, Afrodite Shorts, Filming Italy Los Angeles, Los Angeles Women Film Festival, CyBorg Film Festival, Setting Sun, V-Fest Australia, e diversi altri women-driven!
Nel passaggio dal corto alla serie c’è poi anche il fatto che Crush racconta storie con protagoniste femminili, ed è una serie prodotta e ideata da Simona Ercolani, produttrice e showrunner di una company in cui il valore del femminile è in primissimo piano in tutte le sue sfaccettature.
Penso quindi a questa forza collettiva, a tutto questo mondo di professioniste donne che danno spazio e voce a temi, personaggi e storie che ci appartengono e rappresentano sempre di più, e che oggi vengono divulgate anche grazie ai percorsi intrapresi in questi anni sulle policy da movimenti e associazioni come Women in Film.
Questo, diciamo, è il fil rouge dietro alla macchina da presa!
Davanti invece, abbiamo sicuramente la scuola, che le accomuna come main location. È un luogo di crescita e di amicizie, fioriture, ma anche di ostacoli e impedimenti, che però sono necessari, perché solo affrontandoli si inizia a definire il proprio senso critico e di giustizia, la propria identità.
Aida, Stella e Tamina devono affrontare dei cambiamenti inaspettati, legati inevitabilmente anche alla scuola, che appaiono inizialmente più grandi di loro. Aida (Delitto Naturale) deve affrontare uno sconvolgimento biologico; Stella (Crush – Prima Stagione) emotivo; e Tamina (Crush – Seconda Stagione) culturale. Il cambiamento che si dipana davanti ai loro occhi è sicuramente il fil rouge di queste tre protagoniste. Su ognuna di loro mi sono chiesta: quali sono le sue risorse interiori, e come influirà su di lei la comunità che la circonda? Queste sono tematiche ricorrenti nei miei lavori, in cui è incisiva la presenza del coming of age, ma non per forza legato all’infanzia: i cambiamenti sono ciclici, avvengono in tanti momenti diversi della vita, e non sono meno difficili solo perché ci sei già passata/o! Attraverso i miei lavori cerco anche io di imparare ad affrontare il cambiamento, ad accoglierlo come principio di vita, ricordandomi di viverlo con senso di avventura, e con fiducia in quel futuro che ne conseguirà.
Facciamo un passo indietro, come nasce il tuo interesse per la regia e quali sono stati i tuoi primi lavori?
Madre giornalista e autrice, padre pittore, e tutti e due insegnanti di liceo, Storia e Filosofia, e Storia dell’Arte… per un periodo ho seriamente pensato di fare l’ingegnera, ma è durato poco.
Il Cinema coniuga le mie attitudini, quella alle arti visive e quella più narrativa. Mi sono avvicinata alla regia in totale liberà, senza mai pensare al fatto che fosse un lavoro prevalentemente svolto da uomini (quindici anni fa, quando ho iniziato, meno del 3% dei film italiani era diretto da donne). Per me era normale vedere un blockbuster d’autrice come Strange Days di Katrine Bigelow al cinema, o studiare semiotica de Il Portiere di Notte di Liliana Cavani all’Università. Non sapevo, non immaginavo che fossero delle eccezioni!
Ho sempre studiato tanto e fatto tanta gavetta, al Corso di Sceneggiatura di Leo Benvenuti, che si teneva il venerdì sera in un sottoscala del centro storico, in molte occasioni mi ritrovavo a essere l’unica femmina. Non ci facevo molto caso, ero giovanissima, avevo appena finito il liceo, mi ero iscritta all’Università e per guadagnare lavoravo come ballerina e figurante. A volte uscivo dagli studi e andavo al corso di sceneggiatura ancora truccata come una matta e mi mettevo lì a prendere appunti su C’era Una Volta in America, osservavo Age e Scarpelli, mi rubavo qualche saluto da Monicelli, Lizzani, Gregoretti! Non ci facevo caso, ma credo che sembrassi veramente un pesce fuor d’acqua!
Però è stato bello. Il Cinema è venuto anche con tutto questo, e il rispetto che ho per la mia professione la devo anche a loro, a quella generazione in stato di grazia che ha trattato e difeso il Cinema come forma d’Arte.
Per poter girare qualcosa scrivevo e dirigevo delle docu-fiction indipendenti, sullo snow-board in centro Italia con Billabong per esempio, o sul metodo tradizionale del tatuaggio in Polinesia. Non venivo pagata, ma mi affittavano camera e luci, avevo le spese pagate, e soprattutto un’opportunità!
Il mio primo lavoro personale è stato un corto di videoarte, Ultravioletto, con Alba Rohrwacher, è andato subito molto bene, ho iniziato a vincere i primi festival ed è stato anche proiettato in due musei, di cui uno era il Macro. Da lì, proprio valutando lo strano divario fra il successo dei miei lavori e l’assenza di proposte professionali di un certo peso, ho iniziato a realizzare quanto fosse complesso il lavoro in cui avevo deciso di buttarmi, la regia. Ho continuato a lavorare e studiare senza mai fermarmi, ho realizzato altri corti, pubblicità, spot aziendali, booktrailer, documentari, nel frattempo che frequentavo corsi internazionali di regia e sceneggiatura. Ho costruito la mia credibilità e reputazione attraverso set di vari budget e durata, imparando che la regia è una professione artistica che non si esaurisce con il tuo contributo tecnico e creativo: le produzioni devono avere fiducia anche nelle capacità gestionali di un set e del relativo budget.
Su Crush, sono stata molto attenta a chiudere ogni giorno, per novantuno giorni di riprese, il piano di lavoro nei tempi stabiliti, dando peso sia alla qualità che alla quantità del footage prodotto rispetto alla tabella di marcia. Niente di impossibile, ma nemmeno facilissimo, soprattutto all’inizio. Ci sono riuscita e ne sono felice, ma a pensarci questa fiducia, e quindi questa opportunità di crescita, è stata data per tanti anni prevalentemente a registi maschi, e si è investito tanto su storie e protagonisti maschili. Ora i gusti e il mercato stanno cambiando, abbiamo ottenuto dei progressi, c’è più diversificazione, e non dobbiamo mollare perché altre registe possano avere la mia stessa opportunità anche passati i quarant’anni, e affinché le nuove generazioni di registe possano iniziare presto a darsi da fare, senza aspettare decenni per avere una chance, ma poter crescere e allenare i propri talenti. Tutto questo farà molto bene sia all’aspetto artistico che economico dell’industria cinema e TV!
Sappiamo che sei al lavoro sul tuo primo lungometraggio, L’occhio del coniglio, che non vediamo l’ora che ci venga ad inquietare. Che cosa ci puoi anticipare del film e dei tuoi prossimi progetti?
È un film che ho scritto con mia sorella Francesca Bertuzzi, sceneggiatrice e scrittrice, con cui lavoriamo sempre insieme su progetti ‘nostri’, come Delitto Naturale, Corporate, o la series web Ghost Cam, distribuita in America. Anche L’Occhio del Coniglio è un coming of age e ha come protagoniste due giovani sorelle che si troveranno davanti alla parte oscura dell’età adulta, questo le porterà a scegliere chi essere ‘da grandi’.
Il film si sta mettendo in piedi con la Baires Produzioni, con cui ci stiamo trovando molto bene sull’editoriale e condividiamo la stessa formazione filmica, è una produzione che ama le nuove scoperte ma al tempo stesso conosce il valore e la struttura del cinema classico. Il processo è lungo, non so quando lo potrò girare, ma so che ha ottenuto la fiducia di distribuzioni e co-produzioni internazionali, vivaci e interessati sia all’aspetto femminile che al genere del film, ossia thriller/horror, su cui anche l’Italia inizia a sbloccarsi.
Fra i tuoi molti impegni in questi, c’è stato anche l’insegnamento. Ti dedichi ancora a questo lavoro e che tipo di docente sei?
Sì saltuariamente, si tratta di Masterclass o dei corsi brevi, di sceneggiatura, genere o regia. Ho lavorato con la Roma Film Academy due anni fa, il Saint Louis College of Music in cui con il Maestro e compositore Gianluca Podio e con la compositrice Cristina Carlini abbiamo messo su una Masterclass sulle Opening Sequence delle serie, e adesso ho iniziato una bellissima collaborazione con la project manager di Le Bestevlem Tania Innamorati con cui ho collaborato anche una masterclass per il concorso internazionale The 48 Hours Film Project.
I corsi che faccio sono totalmente immersivi, parto da princìpi tecnici attraverso i quali ci si racconta, confronta, condivide. Lavorio molto sull’umanità e sull’individuo, perché scrivere una storia, o capire il tono visuale in cui vuoi metterla in scena, implica necessariamente un processo di apertura e condivisione di qualcosa di intimo, che spesso è proprio quello che preferiresti tenere nascosto. Se ti iscrivi a un corso di sceneggiatura è perché, consapevole o meno, hai una storia da raccontare. Per me aiutare a visualizzare l’origine di questa storia, e a formularla attraverso un processo drammaturgico, è molto gratificante, e anche molto interessante.
Grazie Valentina per averci dischiuso una porta sui tuoi mondi! Per ora ci godiamo Tamina dal divano di casa, ma facciamo il tifo per gustarci L’occhio del coniglio nell’oscurità di una sala cinematografica!
Valentina Bertuzzi ci racconta La storia di Tamina qui.
La storia di Tamina è stata selezionata da WIFTMI per partecipare al Filming Italy Los Angeles Festival insieme ad altri tre progetti. Ne parliamo qui.
La storia di Tamina è disponibile su RaiPlay e in onda su RaiGulp.
Il corto Corporate di Valentina Bertuzzi con Valentina Lodovini è disponibile su YouTube. Sempre su YouTube potete vedere il trailer di Delitto naturale e il primo episodio di Ghost Cam qui.
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