HerArts Film Lab –
Riflessioni su un Lab tra anticapitalismo e safe space
di Ilaria Fravolini

29 Giugno 2024

Ilaria Fravolini, sceneggiatrice e socia WIFTMI, ci racconta la sua esperienza come partecipante all’edizione primaverile di HerArts Film Lab, il laboratorio di scrittura residenziale che si svolge a Paestum e che lancia la sua call per l’edizione autunnale QUI.

 

Una parte di me si sente in grande imbarazzo a scrivere questo articolo. 

 

Sono una personalità anticapitalista: una criticona dei sistemi, dei poteri, della distribuzione della ricchezza e delle possibilità. Una pentola a pressione che fischia in continuazione riguardo ad abilismo, razzismo, classismo e sessismo sistemici, ma che si ritrova adesso a raccontare di un’esperienza da privilegiati che ha avuto la fortuna (di certo immeritata) di provare.

 

Sul grande tema dei laboratori di sviluppo per cinema e televisione (come il Torino Film Lab, l’Eureka Series, il MIDPOINT Launch, il Serial Eyes, ecc.) se ne potrebbe discutere per mesi. Sono uno strumento davvero democratico? Inclusivo? Meritocratico? Realmente selettivo rispetto a talenti sconosciuti e/o emergenti, alle nuove voci? Oppure è uno strumento che promuove sì i talenti, ma solo quelli più privilegiati che possono permettersi di pagare dai 1,000 ai 3,000 euro di training? 

 

Fatta questa doverosa premessa, che altrimenti la dissonanza cognitiva mi scioglieva gli organi interni, vorrei condividere la mia recente esperienza di privilegio con l’ultima edizione primaverile del HerArts Lab. Una posizione, la mia, che forse sembrerà incoerente, ma ho da poco imparato che anche la coerenza è un privilegio, qualcosa che non tutti possono permettersi.

 

Ho scoperto del Lab tra gennaio e inizio febbraio. Erano mesi che stavo lavorando sul trattamento e first draft del mio primo progetto di lungo. Mi sentivo arenata, con uno script quasi concluso ma la soddisfazione che non gli correva dietro e il muscolo creativo ormai immobilizzato dai crampi. Qualcosa nei personaggi non era sufficiente, l’orchestrazione non mi convinceva, il cuore della storia era ancora sfocato. Per questo ho tentato: perché i momenti di disperazione creativa sono i migliori per partecipare a un boost il cui fine è quello di resettare il cervello e scombinare le cose. 

 

Dopo essere stata selezionata, oltre alla gioia c’è stata anche tensione e insicurezza. Nel veder pubblicato il post con le altre selezionate, mi sono sentita insignificante: 5 filmmaker dagli Stati Uniti, altre sceneggiatrici con una lista di credits lunga quanto un menù All You Can Eat, gente navigata con produzione e regia di numerosi corti alle spalle. E ho pensato: che ci faccio io qui? Potrò anche avere un percorso di studi solido, variegato, in un certo senso anche impressionante, ma se guardiamo all’esperienza pratica, be’, quella è poca cosa. Ma qualcosa di tutto questo ha importato durante il Lab? No. Dobbiamo imparare a disfarci di questa sindrome dell’impostore: se qualcosa ci entusiasma almeno quanto ci spaventa, è un buon segno. Vuol dire che siamo all’altezza. Il punto non è mostrarsi perfette, ma mostrarsi pronte. 

 

E infatti, ogni mia aspettativa è stata superata. La collaborazione tra il gruppo delle partecipanti e le mentori ha creato un’energia generatrice strabiliante, e nel gruppo era presente una varietà di progetti impressionante in termini di genere, concept, e format – a riprova del fatto che le donne, se lasciate artisticamente libere, difficilmente scriveranno una commedia romantica. Abbiamo lavorato con dramedy a tema suicidio, un low concept anticapitalista (adoro), storie di guerra in Ucraina, dark comedy crime, horror psicologico, una serie TV sul terrorismo… è evidente che del romanticismo spicciolo e dei lieti fini non fregava niente a nessuna.

 

E forse è proprio per questo che il feedback che ho ricevuto sul mio progetto dalle altre colleghe è stato eccezionale. Menti brillanti, complesse, creative, da cui ho potuto imparare e dalle quali mi sono lasciata ispirare, all’interno di una cornice sicura e il meno possibile performante – perché la vera libertà artistica nasce quando si elimina la competizione (anche questo è anticapitalismo). Non era un contest, non c’era nulla da vincere, niente da realizzare, nessun premio in denaro: solo la possibilità di lasciare la porta aperta e permettere a chiunque di entrare per dare un’occhiata a quello che avevi in mente.

 

In questo senso, penso che Eliza Subotowicz abbia creato qualcosa di straordinario e prezioso. Non conosco altri laboratori di sviluppo a carattere internazionale, e riservati a sole donne, qui in Italia. Quello che so è che arrivata a Paestum la mia storia era incastrata e sentivo di non riuscire più a pensare. Avevo esaurito le soluzioni, ero creativamente costipata. Ma l’ultimo giorno del laboratorio non vedevo l’ora di andarmene per tornare a scrivere. Durante la settimana di lavoro avevo potuto mettere su carta nuove direzioni e traiettorie per la mia storia, sentivo di conoscere meglio i miei personaggi, il cervello mi doleva per quanto avevo macinato idee senza sosta, e avevo ritrovato entusiasmo. Ero sbloccata.

 

Mi sento di consigliare HerArts Lab a qualunque donna che possa permetterselo e che abbia una storia, per cinema o televisione, su cui non riesca più a progredire; a chi abbia bisogno di testare il proprio concept, a chi abbia fame di feedback e consulting, a chi abbia pronto un first draft ma desideri un servizio di coverage per passare al second draft. Lo consiglio alle donne che siano pronte a fare tutto questo assieme ad altre donne, in un ambiente accogliente e libero dal desiderio di sgomitare: un luogo estraneo a quella ‘bro energy’ iper-competitiva, megalomane e delirante, figlia della mascolinità tossica, che a volte fa sì un po’ ridere ma che, soprattutto, importuna e sottrae spazi di fioritura.

 

 

Ilaria Fravolini è una sceneggiatrice per cinema, televisione, fumetto, e videogioco. Ha lavorato con la Writers Guild Italia, come runner e assistente junior per la produzione televisiva Stand by Me, in Danimarca con festival cinematografici e script reading presso la HF Productions e come game writer per lo studio Kinkoid.

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