Lettere dal futuro prossimo –
Tra docu-VR e giornalismo immersivo
la realtà virtuale come
empathy machine

28 Febbraio 2022

Care/i amiche ed amici,

 

che una rivoluzione significativa nell’industria dell’intrattenimento, in particolare nei settori della produzione, dell’innovazione e dei processi di fruizione si sia avviata, l’abbiamo ormai già chiarito durante il nostro viaggio verso il futuro prossimo.

 

Come avrete notato, il tradizionale raggio d’azione si sta ampliando, non solo in termini di linguaggi utilizzati, ma anche in termini di ibridazioni, collaborazioni ed avanzamenti tecnologici. Avanzamenti tecnologici che vi porteranno ad avere, molto presto, un piccolo dispositivo dal peso di un cellulare in tasca che proietterà le immagini di documentari e film a 360 gradi intorno a voi.

 

Così come a 360 gradi saranno le immagini di esperienze sempre più immersive nel metaverso.

 

Attraverso questi nuovi campi di sperimentazione, registi, designer e artisti stanno arricchendo le possibilità empatiche della narrazione: abilitate da prospettive a 360 gradi e nuovi metodi di coinvolgimento sensoriale, nuove forme di testimonianza attraverso la realtà virtuale iniziano ad avere un potenziale significativo per informare il dibattito pubblico.

 

Un’ulteriore linea d’azione per i registi che, con la VR, possono persuadere gli spettatori della verità delle immagini presentate, ed offrire agli utenti la possibilità di immergersi in un altro ambiente e di mettersi nei panni degli altri, uscendo dalle comodità e dai vincoli del proprio punto di vista. Una macchina per la creazione di empatia, che permette di acquisire esperienze in prima persona degli eventi o delle situazioni descritte nei documentari, trovandosi all’interno delle scene.

 

Un trend, questo, che risponde alla necessità di creare consapevolezza su un’ampia gamma di preoccupazioni, dall’inclusione trans* e disabilità alla necessità di promuovere modelli di ruolo femminili, educare sui cambiamenti climatici, sradicare i pregiudizi razziali e molti altri argomenti intermedi.

 

Nel 2015, il film delle Nazioni Unite Clouds over Sidra fu il primo a cercare di abbattere le barriere delle persone, invitandole a guardare oltre. Il documentario mostra il campo di Za’atari per rifugiati siriani in Giordania, dove Sidra, una rifugiata di 12 anni, guida gli spettatori introducendoli alla sua prospettiva sulla vita.

 

Un’esperienza immersiva viscerale che ha aperto la strada ad altri documentari in VR che sottolineano i problemi dell’ingiustizia sociale attraverso esperienze immersive, come Daughters of Chibok, un cortometraggio virtuale girato in Nigeria che racconta la storia di Yana Galang, la cui figlia venne rapita dal dormitorio scolastico insieme ad atre 275 ragazze da Boko Haram nell’aprile 2014.

 

The New Yorker, ad esempio, con il suo Reeducated, espone le dure verità all’interno dei campi di prigionia dello Xinjiang. Grazie ad illustrazioni ricostruite in uno spazio tridimensionale, il documentario utilizza le testimonianze di tre uomini kazaki sopravvissuti ai campi di internamento.

 

 

Una scena di Reeducated, un progetto del reporter Ben Mauk e del regista Sam Wolson.

 

Traveling While Black è un altro esempio. Il documentario VR di 20 minuti, nominato per un Emmy nella categoria Outstanding Original Interactive Program nel 2019, illustra la lunga storia di restrizioni degli Stati Uniti per i neri americani. Il film, che unisce immagini del passato e no, tra cui filmati storici e prove contemporanee di violenza della polizia contro uomini neri disarmati, permette allo spettatore di sentirsi come se fosse seduto proprio di fronte ai protagonisti mentre raccontano le loro storie di segregazione, pregiudizio e violenza.

 

Sul fronte invece dei documentari ambientali, National Geographic ha sicuramente il merito di aver utilizzato la tecnologia per regalare bellissimi documentari VR realizzati nei posti più inaccessibili della terra.

 

 

National Geographic Explore VR, disponibile su Oculus Quest e Quest 2 ti mette nei panni di un esploratore del National Geographic per scoprire due dei luoghi più iconici del pianeta, l’Antartide e Machu Picchu.

 

 

Sulla stessa linea, This is climate change, una serie di docu-VR consente agli spettatori di visitare gli angoli più remoti del pianeta per conoscere le persone che sono più colpite dal cambiamento climatico. Dal suo debutto al Tribeca Film Festival nel 2018, la serie offre una visione immersiva di come le persone affrontano gli effetti del riscaldamento globale, della deforestazione, degli incendi, della siccità e della carestia.

 

 

La realtà virtuale si presenta quindi, per voi filmmakers, come uno strumento molto potente per creare documentari di impatto, in quanto vi consente di promuovere efficacemente le questioni sociali. Uno strumento audiovisivo coinvolgente e interattivo che promette di promuovere un reale cambiamento verso una società più inclusiva, più sostenibile e più responsabile da lasciare a chi, come me, potrà apprezzarla in futuro.

 

 

Vostra,

Guia

 

 

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Guia appare per cortesia di  🚀 MIAT – Multiverse Institute For Arts & Technology  🚀

MIAT – Multiverse Institute For Arts & Technology è un centro creativo ed educativo per le arti immersive e le tecnologie emergenti, che integra un centro di produzione creativo che genera esperienze immersive originali e un’Accademia per le tecnologie emergenti – la realtà virtuale (VR), aumentata (AR), mixata (MR) e intelligenza artificiale (AI) – con programmi di formazione hands-on, guidati da professionisti internazionali.

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