Brutte Befane
– di Astrid de Berardinis

30 Dicembre 2020

Mancano pochi giorni all’Epifania e quest’anno mi è tornata un’improvvisa voglia di farmi Befana e uscire a dire cose scomode, dispensare carezze con dita sporche di carbone, lanciare mandarini ammuffiti e fare qualche dispetto.

 

Sarà colpa di questo lockdown intermittente, del troppo tempo passato chiusa in casa a giocare all’Angelo del Focolare o della nostalgia del passato, che sempre mi coglie sotto

le Feste, ma son giorni che ripenso a mia madre, modello imbattibile e imbattuto di prima Befana della mia vita.

 

Credo che quello fosse il giorno che lei aspettava tutto l’anno. Mia madre si defilava per tempo chiudendosi nel bagno più vicino alla porta di servizio. La versione ufficiale per noi figli era che da bambina avesse osato rispondere male alla Befana e che, per punizione, si fosse presa in testa un bel colpo col manico della scopa. Ci aveva mostrato la cicatrice sulla fronte, effettivamente ne aveva una che rendeva assai credibile il tutto. Fatto è che, per via di quella brutta esperienza, mamma da allora temeva la Befana al punto di doversi nascondere quando la Vecchia fosse passata a trovarci.

 

Eh sì, perché da noi il 5 Gennaio, alla sera, la Befana passava di persona a salutare. Suonava il campanello, papà apriva, la Befana entrava, lenta come un fantasma, ricurva, antica, incazzata e spaventosa.

 

Si sedeva su una poltrona all’ingresso. Noi tre fratelli in piedi davanti a lei, terrorizzati ma impossibilitati a fuggire. E lei, inflessibile, partiva con tutto l’elenco delle nostre malefatte.

Era il nostro annuale appuntamento col giudizio universale: “Ahhhhh, tu hai detto questo… tu hai fatto quello… tu non hai fatto quell’altro”. Dopo la gioia del Natale, ecco l’apocalisse dell’Epifania.

 

Mia madre, ufficialmente chiusa nel suo bagno per paura di prendere una nuova bastonata, non ci poteva difendere, mio padre restava in religioso silenzio tre passi dietro di noi.

La Befana è cosa seria se né mamma né papà si oppongono. Il Giudizio si chiudeva quasi sempre con il lancio di una mela, di un mandarino, di un pezzo di carbone, raramente di una caramella.

La Befana aveva una gran mira per essere una centenaria. Poi se ne andava. Non senza averci ricordato che sarebbe tornata nottetempo a completare il lavoro.  Avremmo trovato carbone o dolcetti nella calza?

 

Il mattino dopo ci svegliavamo con il viso segnato dal carbone, correvamo in cucina e trovavamo lettere sgrammaticate scritte con la stilografica e le calze piene di dolci.

I messaggi della nostra Befana erano scritti in parte a parole, in parte a disegni.

“La Befana è centenaria e non ci vede bene, si dimentica le parole ecco perché le sostituisce con un disegno” diceva mia madre. La cucina e il tinello erano sporchi di nero.

Mia madre ripuliva e si lamentava del caos mentre noi decifravamo estasiati le lettere, questa volta piene di parole affettuose. Tiravamo un sospiro di sollievo.

Scampata anche quest’anno!

Verso i miei 12 anni, quando ormai questo rito si era spento da tempo e anzi mia madre ci aveva svelato ogni passaggio della sua complessa organizzazione e mostrato la sua scatola segreta con cappa nera, guanti, maschera, trucco, stilografica, inchiostro, carbone, carta pergamena, io presi possesso della Vecchia e decisi che per un paio di anni sarei diventata Lei.

 

Fu stupendo. Mi vestii e mi truccai, riempii un sacco di iuta con i dolci della calza anche ancora ricevevo e me ne andai in giro per Roma.

 

Me ne andai in giro senza meta. Con la scopa. Con il sacco, con la maschera, col mantello nero, col carbone e coi dolci. In autobus, con una tessera Atac mensile da studentessa delle scuole medie.

 

Un anno arrivai fino al capolinea e tornai indietro. L’anno dopo osai di più e arrivai in centro e poi passeggiando fin sotto casa di una zia. Fu una sensazione di libertà estrema e feci una scoperta incredibile: non solo non venivo presa in giro o additata come pazza, ma anzi molte persone si divertivano a interagire con me. La maschera è un gioco molto serio.

 

Mancano pochi giorni all’Epifania e quest’anno mi è tornata un’improvvisa voglia di farmi Befana insieme a voi. Di uscire di casa e dire cose scomode, di dispensare qualche carezza, ma con le dita sporche di carbone. Mi è venuta voglia di giocare ancora molteplici ruoli, di smontarli e rimontarli.  È incredibile il potere poietico che ha l’immaginazione sul nostro sentire e divenire.

 

Sento che sarà un ottimo 2021.

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