Bologna chiama Berlino.
Lucia Nicolai racconta
“Nel mio nome”

28 Gennaio 2022

In attesa di buone sorprese dalla Berlinale 2022, facciamo già il tifo per Nel mio nome, il film diretto da Nicolò Bassetti e prodotto da Nuovi Paesaggi Urbani con Lucia Nicolai e Marcello Paolillo di Art of Panic che sarà presentato in anteprima nella sezione Panorama. Elliot Page, attore, produttore e attivista, si è unito al progetto in veste di Produttore Esecutivo.

 

Abbiamo chiesto alla nostra socia Lucia Nicolai di raccontarci che cosa in questo progetto ha colpito Art of Panic  e che cosa non mancherà di colpirci.

 

“Nel mio nome è un film che colpisce dritto al cuore.

 

Lo fa con i protagonisti, quattro ragazzi determinati a realizzare il loro sogno di essere se stessi ed essere felici, contro ogni avversità. Ogni, singola, avversità. Quattro pionieri, che buttano il cuore oltre l’ostacolo ogni secondo della loro esistenza, che affrontano il superamento delle frontiere e dei limiti conosciuti con la stessa caparbietà e passione dei grandi esploratori.

 

E lo fa con la grande delicatezza con cui Nicolò, il regista, è riuscito a rendersi completamente invisibile per lasciare emergere la totale autenticità delle loro voci, delle loro storie, iniziate in luoghi diversi e finite a convergere nella città che ha fatto della tolleranza e dell’accoglienza il suo marchio di fabbrica, Bologna.

 

E’ un film pieno di empatia e umanità che ha il grandissimo, impagabile pregio di riuscire a cogliere l’universalità in una tematica finora trattata da media e società in modi a volte ghettizzanti, a volte scandalistici, a volte voyeuristici, a volte propagandistici senza mai riuscire a scalfire la superficie.

 

Nel mio nome è un film che ti scatena mille “Perché?”. A partire da “Perché continuiamo a dividere il mondo in ‘normali’ e ‘diversi’ e chi decide chi è più normale dell’altro? In base a cosa? E quella cosa lì, ha ancora valore adesso se è stata decisa 100 anni fa? Ma poi, chi l’ha decisa?”. Tanto che parlare di normalità vs diversità, dopo aver visto questo film, diventa così banale e superfluo da essere irritante. Soprattutto in un periodo storico come questo, in cui ogni giorno veniamo incasellati in definizioni che non ci rappresentano né appartengono, e in cui la violenza e l’aggressività sembrano essere l’unica currency di valore”.

 

Grazie, Lucia, e grazie Art of Panic! Per chi le avesse perse, ecco le parole di Page e Bassetti.

 

Elliot Page, produttore esecutivo del film, ha dichiarato:

 

“Quello che rende Nel mio nome unico, è la sensibilità e l’attenzione con cui racconta, tutti i diversi pezzi che formano l’identità di una persona. È una meditazione sull’umanità trans e non ho mai visto un altro film come questo. Sapere che Bassetti si è sempre confrontato con suo figlio trans nel corso della lavorazione è una cosa bellissima per me, e penso che quell’esperienza di vita e quell’input siano chiaramente visibili nella prospettiva del film. Sono onorato di esserne parte e non vedo l’ora che lo vedano tutti”.

 

Nicolò Bassetti ha aggiunto:

 

“L’esperienza personale di genitore mi ha permesso, come regista, di trovare la necessaria sicurezza per stabilire un rapporto intimo con i protagonisti di questa storia, costruito su fiducia e complicità. E per condividerne le emozioni. Sono grato a Elliot per la forza delle sue parole, che colgono, con l’efficacia dell’esperienza vissuta, la direzione del mio sguardo. E danno la forza al film di trovare la sua strada nel mondo”.

 

Per chi non teme lo spoiler autorizzato:

 

Nel mio nome parte dall’esperienza personale di Nicolò Bassetti: la transizione di genere del figlio Matteo. Il film offre uno sguardo intimo e allo stesso tempo universale alle sfide che si incontrano lungo questo percorso. Nico (33 anni), Leo (30), Andrea (25) e Raff (23) sono quattro amici provenienti da diverse parti d’Italia che vivono a Bologna, e condividono le proprie transizioni di genere – dal femminile al maschile – in diversi momenti della loro vita. Nel mio nome segue i protagonisti mentre affrontano con coraggio, giorno per giorno, gli ostacoli di un mondo strettamente binario. Vivere pienamente e dignitosamente la propria vita è per ognuno una questione di sopravvivenza. Qualcosa per cui occorre essere risoluti, avere pazienza e armarsi di tanta ironia.

 

 

Per conoscere meglio il lavoro di Lucia Nicolai e la vocazione internazionale di Art of Panic:

 

Art of Panic, società fondata da Lucia Nicolai e Marcello Paolillo, è una casa di produzione italiana e un’agenzia di creative consultancy specializzata nella valutazione, sviluppo, e produzione di progetti trasversali che coinvolgono talent del cinema internazionale. Tra le produzioni più recenti, L’uomo che rubò Bansky (2018), documentario sul celebre street artist, diretto da Marco Proserpio e narrato da Iggy Pop. Baradar (2019), cortometraggio diretto Beppe Tufarulo, co-prodotto con Tapelessfilm; il lungometraggio Tigers (2020), una co-produzione tra Svezia, Italia e Danimarca scritta e diretta da Ronnie Sandahl e basata sulla vera drammatica storia del calciatore Martin Bengtsson. Il film ha vinto diversi premi internazionali, incluso miglior film e miglior attore al Göteborg Film Festival, ed è stato selezionato dalla Svezia come candidato ufficiale per gli Academy Awards 2022. E il cortometraggio Shark (2021) dell’australiano Nash Edgerton, regista, stuntman e attore: l’ultimo capitolo della sua acclamata trilogia che include Spider e Bear.

 

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